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sabato 30 ottobre 2010

Discorso del presidente


Con queste mie poche parole desidero ringraziare il presidente Hu Jintao e il primo ministro Wen Jiabao. Ringrazio voi, e tutto il popolo cinese, per l'accoglienza ricevuta in questo straordinario ed immenso paese. Mi ricordo con commozione il momento in cui, quando avevo solo ventiquattro anni, fu proclamata da Mao Tse Tung la nascita della Repubblica Popolare Cinese, e oggi provo quella stessa commozione. Non mi sarei mai immaginato, allora, che, ormai vecchio, mi sarei trovato qui, in veste ufficiale di presidente della Repubblica Italiana, sessantuno anni più tardi. La Cina ha camminato tanto in questi anni: ha permesso a un miliardo e trecento milioni di esseri umani di poter avere nutrimento, assistenza per le malattie, una casa, un lavoro. Non è poco. Questo immenso paese ha percorso, in campo economico, negli ultimi venti anni, tanta strada, ha bruciato le tappe di un progresso industriale che in altri paesi si è sviluppato in più di un secolo. Spero che gli accordi commerciali, l'import-export tra Italia e Cina, le relazioni culturali e di amicizia si sviluppino in misura sempre crescente. E' un paese immenso, il vostro, dalle immense risorse, il cui cammino non deve però ritenersi concluso. Il progresso non si misura esclusivamente dal prodotto interno lordo, ma anche dai mezzi con i quali queste immense ricchezze sono state create. Con il lavoro, certamente. Ma anche con il lavoro di sei milioni di persone - spesso esclusivamente colpevoli di aver dissentito nei confronti dello stato - internate nei laogai in cui si produce di tutto - dai giocattoli ai computer, ai mobili per la casa e via discorrendo - e in cui le condizioni di vita sono disumane. Il cammino non deve ritenersi concluso, signor presidente e signor ministro, se ancora oggi la censura agisce pesantemente sui mezzi d'informazione, se impedisce la visibilità di molti siti internet, se lo stato impedisce di manifestare liberamente. Come avvenne durante i tristi giorni del 1989, che avrebbero potuto essere un'occasione di confronto, aspro ma civile, con i nuovi modelli politici e sociali che animavano la fertile mente di molti studenti universitari, insegnanti, operai. I fatti del 1989, tristemente noti sotto l'icona di piazza Tienanmen, si sono risolti in un bagno di sangue, in deportazioni, campi di "rieducazione", condanne a morte.
Uno dei capostipiti di quel movimento politico e intellettuale è Liu Xiaobo più volte imprigionato e sanzionato, fino alla recente condanna a undici anni di reclusione, esclusivamente per reati di opinione. Liu Xiaobo, in virtù del suo forte impegno nella promozione dei diritti umani, è stato insignito del Premio Nobel per la pace. In carcere non può gioirne con nessuno, gli è impedito di rilasciare interviste a giornalisti, e anche la sua moglie Liu Xia è agli arresti, per il semplice fatto di essere la moglie di uno scomodo premio Nobel.
Chiedo al signor presidente e signor ministro - e qui concludo - di riservare al vostro concittadino Liu Xiaobo la stessa accoglienza che è stata riservata a me, e ove questa non fosse possibile e conveniente, chiedo che sia liberato e prosciolto dalle sue accuse. Che oggi stesso possa riabbracciare la moglie, che il dieci dicembre possa lui stesso ritirare il premio Nobel.
Vi chiedo tantissimo, me ne rendo perfettamente conto. Vi chiedo questo in nome della sconfinata ammirazione che provo per questo paese, in nome di un sempre più esteso riconoscimento della Cina come protagonista della scena mondiale da parte di tutta la comunità internazionale; ve lo chiedo ricordandomi la commozione che provai sessantuno anni fa, perché quelle promesse di una Repubblica Popolare Cinese appena nate non vengano più disattese.
Grazie, signor presidente, grazie signor ministro.

Questo è il discorso che avrei desiderato ascoltare dal Presidente Giorgio Napolitano, una persona che stimo, in occasione della sua visita in Cina. Così non è stato, ci sono stati solo dei vaghi e fumosi richiami ai diritti umani(che probabilmente nessuno ha capito).

Peccato

Toni La Malfa

giovedì 21 ottobre 2010

I norvegesi, i cinesi e gli italiani







Quando facevo le scuole elementari, spesso ci raccontavamo barzellette che potessero mettere in risalto la furbizia del popolo italiano - ci illudevamo di essere i migliori - rispetto ai difetti di altri popoli. Se oggi dovessi inventare una storiella del genere, metterei ben altro in risalto. Ci provo.

Ci sono dei norvegesi che ogni anno vogliono premiare una persona nel mondo che si sia distinta in attività umanitarie, o che possa essere portatrice di pace. Il premio in questione è il premio Nobel per la pace. Questi norvegesi, un comitato eletto dal loro parlamento, hanno assegnato il premio Nobel 2010 per la pace a Liu Xiaobo, un cinese che ha promosso nel suo paese battaglie per i diritti civili ed umanitari, e che ora sta scontando una pena di undici anni in carcere per avere criticato aspramente il governo cinese in più occasioni.

I giudici cinesi che hanno condannato Lu Xiaobo dicono di lui:

... Liu Xiaobo

si è reso colpevole del reato di incitamento alla sovversione dell’ordine statale vigente e del sistema socialista, con una condotta ben oltre i confini della libertà d’espressione. Pertanto le istanze difensive presentate dall’imputato e dai suoi avvocati non possono essere accettate. Considerati entità, natura, circostanze e grado di pericolosità sociale del reato ascritto all’imputato Liu Xiaobo, la Corte, in conformità con gli articoli […] del Codice Penale della Repubblica Popolare Cinese,

giudica:

1) L’imputato Liu Xiaobo colpevole del reato di incitamento alla sovversione dell’ordine statale vigente, lo condanna a una pena di undici anni di detenzione e lo priva dei suoi diritti politici per dodici anni.[...]

Ci sono degli italiani che hanno accolto con tutti gli onori il 7 ottobre scorso il premier cinese Wen Jiabao, e hanno concordato con lui e il suo management l'obiettivo di raggiungere nei prossimi 5 anni l'interscambio di 80 -100 miliardi di euro. Bene. Siamo in crisi, e questi accordi commerciali daranno una briciolina di respiro in più alla nostra economia. Ma non una sola parola è stata detta sulla violazione dei diritti umani in Cina, su come questi favolosi fatturati dei cinesi vengano raggiunti, spesso imponendo lavori forzati(campagne di rieducazione) a dissidenti, professori, intellettuali, studenti (si parla di milioni di cinesi che lavorano gratis), inoltre sottopagando la manodopera, infischiandosene delle norme di sicurezza sul lavoro. Non una parola è stata detta sul partito unico, sulla assenza di libertà di stampa, sulla mancanza, di fatto, della libertà di espressione.

Anzi.

Un italiano, il presidente del consiglio Silvio Berlusconi, ha espresso un «apprezzamento ammirato» per il ruolo della politica internazionale della Repubblica Popolare Cinese. Il premier elogia la «molta saggezza» che c'è nelle relazioni internazionali della Cina la quale «si presenta sempre con la volontà di sedare tutti i contrasti e risolvere tutte le situazioni con grande saggezza e serietà» nel segno di quella che un ministro cinese ha definito una politica ispirata «all'armonia».

Quasi un paradosso temporale, dunque, l'annuncio di poche ore dopo, l'8 ottobre, dell'assegnazione del Nobel per la pace a Liu Xiaobo. Il gelo dei rapporti diplomatici minacciato da Pechino alla vigilia di questo annuncio non ha spaventato il comitato del Nobel.

Al gelo, evidentemente, i norvegesi sono abituati.

Viva i norvegesi. Viva Liu Xiaobo. Ci auguriamo che il dieci dicembre possa lui stesso ritirare il premio Nobel per la pace 2010.

giovedì 7 ottobre 2010

Eroica 2010: you can be heroes...































Non lasciatevi trarre in inganno dalla prima foto, dal sapore vagamente trionfalistico.
La foto - in realtà anche le altre due - si riferisce alla sera del tre ottobre 2010, una data per me importante, anche se in quel giorno non ho vinto niente, non ho ottenuto allori né lauree, né ho conseguito alcun premio per aver scoperto qualcosa di importante.
Anzi: ho faticato tutta una intera domenica, alzandomi alle due e mezzo del mattino, tornando a casa alle undici e mezzo di sera.
Ma qualcosa di bello l'ho vinto, sì, lasciatemelo dire.
Che cosa ho fatto?
Ho partecipato all'Eroica 2010, una manifestazione ciclo-turistica che si tiene nelle strade asfaltate e, perlopiù, nelle "strade bianche", quelle sterrate, del Chianti. Sono arrivato al traguardo della distanza più lunga entro il tempo massimo, giusto in tempo per essere inserito nell'"albo d'oro" dei partecipanti, il che per me è una grande vittoria. E' l'unica gara in bicicletta a cui ho partecipato in vita mia.
Sono partito al buio da Gaiole in Chianti, poco dopo le cinque del mattino, e vi sono tornato dopo le sette di sera, all'imbrunire, dopo aver percorso 209 chilometri immerso nella bellezza, inzuppato di sudore, sporco di fango, affaticato, a volte disperato, e felice di esserci. Con il buio, la nebbia, il sole, la pioggia, il freddo, poi il caldo, le salite imbrattate di fango, le discese spesso segnate pesantemente dalle ruote dei trattori, attraversando paesi simbolo di Chianti per tutto il mondo: Gaiole, Brolio, Siena, Radi, Montalcino, Asciano, Castelnuovo Berardenga, Radda. Avvertendo il calore e l'accoglienza di coloro che si sono prestati per l'organizzazione ai sei ristori, ai crocevia, nei bivi delle strade bianche, in campagna, nei boschi.
Oggi è mercoledì, e ancora mi arriva energia ed entusiasmo dall'esperienza compiuta domenica. Sì, lo ammetto, mi sono sentito eroico, molto vintage, come la mia vecchia eroica bicicletta Colnago - un po' malandata, con ruggine qua e là, poverina, comunque utilissima: per partecipare il regolamento richiedeva una bici di fabbricazione anteriore al 1987 - e orgoglioso di aver potuto, con la sola forza delle mie gambe, percorrere tutti i 209 chilometri di silenzio e panorami mozzafiato, come i tanti cipressi e case sulle colline, proprio in cima.
Le strade bianche, le vedi lontane, pare che non ci arriverai mai, sui versanti oltre, di là dal fondovalle, e poi ti ci trovi dentro, le maledici per quanto sudore e fatica ti fanno spremere, poi le benedici voltandoti un attimo indietro, per poi ricominciare avanti a te. Una specie di metafora della vita, ed è incredibile quante cose rivedi e riesci a pensare in 209 chilometri in bici.
Grazie Eroica, per avermi fatto sentire eroico...just for one day.